E' un momento molto doloroso per me.
Ho accompagnato un familiare amatissimo nelle ultime ore della sua vita, ho tentato di alleviarne l'agonia, ho assistito sgomento alla disperata resistenza del suo fisico, fino al momento in cui ha reso l'ultimo respiro.
Al dolore insanabile della perdita di una persona amata si è aggiunta anche la sofferenza per la sua sofferenza.
Sono immagini che si fissano nella mia memoria in modo indelebile.
Disperatamente preso dal tentativo di elaborare il trauma del lutto, sono tornato con la mente a tutti i momenti difficili della mia vita, ed a quanti altri, professionalmente, ne ho vissuti tentando di alleviarli.
Da avvocato esperto in questioni familiari e mediazione, il dolore di innumerevoli uomini e donne, con i loro figli e le loro famiglie, mi ha accompagnato da tanti tanti anni, e su questo dolore ho sempre riflettuto profondamente.
Molti di voi ci considerano veri e propri avvoltoi.
Gente del tutto priva di empatia e di scrupoli, pronta ad alimentare liti spietate fra madri, padri e figli, pur di svolgere attività in più, pur di tesaurizzare al massimo la dissoluzione di affetti e legami.
Per alcuni, purtroppo, è vero. C'è chi ha costruito fortune economiche, politiche e di immagine, sul dolore della gente.
Potrei anzi dire che un intero sistema si è edificato e retto sui conflitti familiari. Non sempre in modo del tutto limpido.
Oltre alle singole responsabilità personali di chi ha scelto consapevolmente di utilizzare il proprio sapere non per soccorrere ma per sfruttare chi viveva conflitti dilanianti, ne esiste però una precisa e pesantissima di natura culturale, che ha condizionato sottilmente ma efficacemente la nostra società, spingendoci a focalizzare solo sull'interesse immediato e personalissimo la nostra attenzione.
Così facendo, siamo diventati tutti veri artigiani della guerra, prontissimi ad affermare il nostro bisogno su tutto e tutti.
Un esempio?
Solo qualche giorno fa, un confliggente insieme al quale sto affrontando un percorso di mediazione, mi riportava uno stralcio di conversazione avuto con la ex compagna, più o meno in questo modo:
"Sa avvocato, in questi giorni la mia compagna è particolarmente tesa. Mi ha comunicato di volermi lasciare nostro figlio per un mese di seguito, intendendo fare un viaggio in Marocco. Anche per Natale, mi ha chiesto di fare lo stesso. Io le sono venuto incontro ed ho deciso di tenere mio figlio nonostante tutte le mie difficoltà di lavoro, essendo un rappresentante di commercio...".
Ecco: notate nulla?
In questa brevissima narrazione appare evidente la contrapposizione di interessi fra gli adulti, e l'accoglimento del figlio operato "per venirle incontro", ovvero solo per non litigare e per mostrarsi collaborativo in modo da comprovare la propria buona volontà.
Nel caso specifico, in effetti si tratta di genitori realmente amorevoli, che hanno solo difficoltà di maturazione dell'evoluzione della loro relazione verso quella genitoriale.
Ma il punto reale è chiaro ed evidente: nel conflitto, si sceglie fondamentalmente "in ragione del conflitto" e non in ragione del vero bene.
Questo tipo di comportamento in parte è proprio della dinamica naturale del conflitto stesso, ma in parte, a mio avviso rilevante, è anche frutto del "sistema culturale" che ha enfatizzato il concetto del bene egoistico diretto, sfocando quello del bene indiretto, mediato, altruistico. Sistemico, mi verrebbe da dire.
Ciò però risulta altamente disfunzionale e non fa altro che acuire dolori e sofferenze.
La dimostrazione di quanto ciò sia vero, l'ho trovata proprio nell'evento luttuoso cui ho dovuto assistere.
L'organismo del mio amato familiare stava cedendo. In termini medici "scompensava".
Il cuore non andava più bene. I reni, il fegato, la respirazione…
Ebbene, in quei momenti ho visto quello stesso organismo mettere in atto ogni strategia possibile pur di "compensare", di ritrovare cioè un equilibrio per poter andare avanti.
Se muoversi richiedeva troppa energia, il corpo si immobilizzava. Se mangiare, produceva troppo calore gravando la respirazione, il corpo smetteva di mangiare.
Quell'organismo ha fatto tutto ciò che era in suo potere per trovare un nuovo equilibrio, ed andare avanti. E, in un certo senso, con successo… almeno finché ciò è stato materialmente possibile.
Anche una famiglia, una relazione, è un organismo.
Anche ad una relazione (intesa in senso generale) può capitare di scompensare.
La scelta dei suoi "organi", allora, può essere quella di pretendere tutto l'ossigeno possibile per sé e solo per sé.
Una bella guerra opporrà organo ad organo, per la gioia dei "generali" che dovranno porsi al loro servizio, e delle "industrie degli armamenti" che presteranno generosamente, e dietro lauto pagamento, ogni sorta di ordigni bellici.
Ciò indurrà inevitabilmente alla morte del corpo, cioè della relazione, della famiglia, dei figli. Ma anche alla morte dei singoli organi, poiché non c'è parte che possa sopravvivere da sola.
In realtà, si sarà perseguito un obiettivo impossibile perché tale è la brama di soddisfacimento di ogni nostro desiderio "costi quel che costi", avulso dal contesto sociale di cui siamo parte.
Oppure, l'altra scelta potrà essere quella di compensare, cioè di adottare tutte le strategie possibili per gestire "la scompensazione" cercando un equilibrio nuovo e diverso, funzionale, che consenta di sopravvivere individualmente come organi e collettivamente come organismo.
Rifiutando guerre giudiziarie spietate, cieche vendette e pretese vessatorie non occorrerà chiamare "avvoltoi", o armi ed eserciti costosissimi a combattere per voi.
Sarete voi a decidere come e quando, sarete voi a scegliere costi e benefici e, dopo un inevitabile ma limitato periodo di dolore, impegno e sacrificio (oh che termine inusuale!), avrete un nuovo organismo, magari con una postura un po' diversa, ma autonomamente funzionale. Libero.
Tempo fa, nel corso di uno dei nostri convegni, un relatore affermò che ognuno di noi può ambire solo ad una "ragionevole quota di felicità" nella vita, e non di più.
Il dolore è parte inevitabile della nostra esistenza, evitarlo sarebbe impossibile e forse perfino deleterio.
Possiamo però non procurarcene altro attraverso ostilità devastanti il cui risultato è solo altro dolore, solo perché la cultura e gli interessi dominanti ci spingono ad inseguire mete impossibili.
Perciò non date cibo agli avvoltoi del dolore e non siate artigiani strumenti della guerra, ma uomini e donne con un bene inestimabile e prezioso da custodire, preservare e proiettare nel futuro: la vostra vita, unica e irripetibile, e quella dei vostri amatissimi figli.
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