L'autismo, chiamato anche sindrome di Kanner, oppure sindrome di Asperger, è considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo neuro-psichiatrico, un innato disordine del comportamento che interessa la funzione cerebrale: la persona affetta da tale disturbo di solito esibisce da un lato un comportamento caratterizzato da una diminuzione dell'integrazione socio-relazionale e della comunicazione con gli altri, mentre dall'altro manifesta un parallelo ritiro interiore ed introspettivo.
L'autismo non è un disturbo raro, recenti statistiche dicono che ne soffre un bambino su 100, ma di esso si conosce ancora poco, anche perché si tratta di una sindrome difficile da raccontare nella sua grande differenziazione. L'autismo non è una malattia.
Risultano tuttora sconosciute le cause di tale disturbo, e gli scienziati sono concordi nell'affermare che tali cause potrebbero avere sia natura neurobiologica che psicoambientale.
Una delle caratteristiche diagnostiche di questo disturbo è che le persone che ne soffrono possono incontrare disagio nel gestire l'empatia e le relazioni sociali. "Chiusura autistica" è detto questo comportamento, perché chi ne soffre tende ad isolarsi ignorando in forma più o meno intensa il mondo circostante e le persone. Una porta chiusa e milioni di chiavi da provare per trovare quella giusta, quella che consenta di stabilire un'empatia con queste persone straordinarie, che consenta l'accesso nel mondo delle loro emozioni, quella che consente di scoprire il canale più efficace per migliorare la comunicazione con loro.
Non sono un'esperta di questo disturbo, ma mi relaziono quotidianamente con questa realtà perché nell'istituto superiore dove svolgo la mia professione di docente studia un ragazzo straordinario affetto da questa sindrome. Ho avuto già modo di parlare di lui nelle pagine di Diritto & Famiglia . "Giovanni" ho chiamato questo ragazzo per tutelare la sua identità e continuerò a chiamarlo cosi.
Da cinque anni, ogni giorno è per me una sfida a costruire una relazione con Giovanni, che frequenta la classe quinta e che quindi quest'anno affronterà gli esami di stato. Giovanni è naturalmente seguito da un collega di sostegno che lo supporta e lo accompagna.
Il mio interessamento alla mediazione, come già ho avuto modo di dire, grazie al Centro di Mediazione Dolce mi ha accompagnato e mi accompagna in un percorso di accettazione e conoscenza di sé e dell'altro. I miei formatori, l'avv. Franceschetti e il dott. De Marco, ripetono sempre che comunicare vuol dire creare un tempo ed un luogo dove l'altro possa raccontarsi e possa sentire di essere ascoltato. E per ascoltare bisogna essere completamente "vuoti", vuoti di giudizi, di pregiudizi,di opinioni. Solo in questo vuoto si può accogliere l'altro e solo in questo vuoto, che diventa grembo, l'altro può trovare il luogo di accoglienza e di accettazione della propria umanità.
Grazie a questa consapevolezza e a questo percorso ho compreso, nel relazionarmi con Giovanni, che il mondo autistico non è né complesso né chiuso, ma che è talmente aperto, senza veli né bugie, così ingenuamente esposto agli altri, che può sembrare difficile da capire.
Nella semplicità e nella spontaneità della conoscenza del "cuore", ho sperimentato come il presupposto fondamentale per creare comunicazione con questo ragazzo, è quello di costruire un'area di fiducia reciproca, costruire uno spazio dove sia possibile un dialogo autentico, con una valenza emotiva.
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