Al solito! Ad ogni cambio di governo, i nostri amministratori si ricordano che per far ripartire l'Italia bisogna concentrarsi sulla formazione delle nuove generazioni, sulla scuola, sull'università, sulla ricerca. E di conseguenza che bisogna valorizzare il ruolo degli insegnanti, investire sulla loro formazione, garantire loro la continuità dell'aggiornamento in servizio, premiare la meritocrazia. 
Valorizzare, promuovere, investire, premiare.

Sembrano passati i tempi in cui si additavano gli insegnanti come "gli eterni fannulloni", i tempi in cui nella vulgata collettiva dell'Italietta media la vita dell'insegnante era piena di "privilegi" e di tanto tempo libero. Sì, tanto tempo libero: l'insegnante non era quello che lavorava soltanto diciotto ore a settimana e che aveva tre mesi di ferie all'anno, senza contare le vacanze natalizie e pasquali?

Ma siamo veramente sicuri che quei tempi siano passati?

Voglio analizzare le parole di un deputato della Repubblica, donna, vicepresidente della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione del precedente governo Letta, che il 10 Gennaio 2014, così si esprimeva: "Il corpo docente è profondamente sottoutilizzato. I professori lavorano 18 ore a settimana e hanno un giorno libero: questo oggigiorno non lo può fare nessun lavoratore. Occorre utilizzare gli insegnanti facendoli lavorare qualche ora in più a settimana: per contribuire al recupero degli allievi più fragili, per organizzare dei centri estivi, per andare incontro alle famiglie ed ai bisogni della società odierna... Penso che nessun altro lavoratore abbia così tanti privilegi. I docenti dicono di essere pagati poco, ma secondo me non sono poi pagati così poco..."

Non c'è niente da fare: non c'è proprio verso di far capire alla politica innanzi tutto e di conseguenza alla gente quanto lavorino gli insegnanti e come e perché lavorino, e che orario di cattedra non significa orario di lavoro.

Sono una docente, per vocazione oltre che per scelta: la scuola è la mia vita e i miei studenti, tutti, indifferentemente, studenti presenti, passati e anche quelli futuri, sono per me più dei figli che biologicamente non ho.
Per la politica e la gente, i più, sono una di quelli che lavorano soltanto diciotto ore a settimana.

Non devo giustificarmi con nessuno, perché giustificarmi significherebbe convincere il mio denigratore che probabilmente quello che dice è vero. Mettermi a fare i conti di tutte le ore che trascorro su libri, sui sul compiti in classe, computer, e inoltre per attività di aggiornamento e ore di pendolarismo, mi farebbe apparire patetica. E forse anche colpevole.

Ma ritengo altresì sia doveroso chiarire una volta per tutte.

Tutti coloro che si occupano di scuola, ma anche a ragione chi non se ne occupa, se per un momento prova a ragionare in maniera obiettiva, sanno che ricondurre gli orari dei docenti al solo orario di lezione frontale è fuorviante. Esiste da sempre un lavoro "sommerso" della categoria di cui da anni si rivendica la visibilità.

Cominciamo dalle nostre famose diciotto ore: molti sono probabilmente convinti che il docente vada in classe senza aver preparato la lezione e che gli allievi siano degli angioletti pronti ad ascoltarlo in religioso silenzio per ottenerne il massimo ritorno.
In realtà il lavoro frontale, cosiddetto "di cattedra", (che è poi quello delle diciotto ore) comporta un lavoro non computato né agevolmente computabile, sia per quanto riguarda la preparazione , sia per quanto attiene alla produzione dei materiali, all'uso ed alla gestione degli strumenti e dei materiali di laboratorio e multimediali. 
Per chi non ne fosse a conoscenza, per esempio, la legislazione scolastica corrente (circolare n° 18 del 9/02/2012) prevede che i libri di testo non siano più soltanto in forma cartacea, ma anche e soprattutto in forma digitale.

Durante l'anno scolastico, ogni docente è coinvolto in tutta una serie di attività e riunioni, che non rientrano nelle lezioni in classe, ma che si svolgono a scuola. E' l'articolo 42 del CCNL 1995,che individua "le attività funzionali all'insegnamento": al comma 2 individua gli adempimenti individuali non quantificabili, che sono per esempio la preparazione delle lezioni, la correzione degli elaborati, i rapporti individuali con le famiglie, mentre al successivo comma 3 qualifica invece gli impegni di carattere collegiale, e cioè le riunioni del collegio dei docenti, l'attività di programmazione e di verifica di inizio e fine anno, l'informazione alle famiglie sui risultati trimestrali o quadrimestrali e finali, la partecipazione ai consigli di classe o di interclasse, le riunioni dipartimentali obbligatorie, lo svolgimento di scrutini ed esami e la compilazione dei relativi atti concernenti la valutazione.

Dunque, da contratto, noi docenti lavoriamo con foglio di presenza, oltre che nelle canoniche ore di cattedra, in collegi docenti, consigli di classi, dipartimenti disciplinari, ricevimenti obbligatori, organi di preparazione, ricevimenti obbligatori, scrutini. Non sono ore discrezionali, ma ore di lavoro svolte dentro un luogo di lavoro che richiedono la nostra presenza ben oltre le diciotto ore settimanali, e che però, nella mente dei più rimangono nello spazio delle cosiddette "attività funzionali all'insegnamento". Senza contare le ore aggiuntive di aggiornamento in itinere che ciascun insegnante farà a sue spese e con i propri mezzi in quanto spesso le istituzioni scolastiche non garantiscono alla categoria l'aggiornamento a cui avrebbe diritto .
Ma il tempo è un diritto-dovere che va calcolato per tutti i lavoratori del sistema statale. Se il numero delle nostre ore di lavoro venisse formalizzato nella contrattazione nazionale, tutti avrebbero per inciso una fotografia quanto mai realistica e veritiera di un lavoro che è fatto non da 18 ma da 28, 30 e anche 35 ore di lavoro settimanali

E i tre mesi di vacanza? Niente è mai stato più falso e tendenzioso e lo dimostro.
Una volta terminata l'attività scolastica ordinaria, almeno per i docenti delle scuole superiori secondarie, iniziano gli esami di stato che tutti, da membri interni o esterni alla commissione, siamo chiamati obbligatoriamente a fare. Durante l'esame di stato si ripete in piccolo il conteggio fatto prima delle ore di lavoro tra riunioni di preparazione, svolgimento delle prove scritte, preparazione della terza prova scritta, correzione delle prove scritte, svolgimento dei colloqui orali, riunioni di chiusura delle operazioni. Mediamente, questo impegno si svolge circa dalla metà di Giugno alla metà di Luglio. E per tutti i giorni feriali. 
Dalla metà di Luglio, poi, iniziano i corsi di recupero dei debiti formativi e in seguito lo svolgimento degli esami relativi al giudizio sospeso ( i vecchi esami di riparazione) che secondo gli articoli 4 e 6 del D.P.R. n° 122/2009 e secondo l'art. 6 del D.M. n° 80/2007, vanno esplicitati entro la fine del medesimo anno scolastico, quindi entro il 31 Agosto, e "comunque entro e non oltre la data di inizio delle lezioni dell'anno scolastico successivo". 
Queste operazioni, di solito si svolgono, a discrezione delle singole istituzioni scolastiche, entro il 31 Luglio, quindi a ferie già avviate per ciascun insegnante, che ha diritto, come ciascun dipendente pubblico a 30 +6 giorni di ferie durante l'anno di lavoro. 

Ovunque in ogni altra parte del mondo, la responsabilità dei docenti è riconosciuta non solo in termini di prestigio ma anche in termini stipendiali. Nel tempo moderno si è assistito invece ad un gioco al massacro di una categoria che secondo le stime più recenti rimane sempre più vittima del burnout, di quella sindrome cioè che colpisce di solito le persone la cui attività lavorativa ha le caratteristiche di una "relazione di aiuto" e che non riescono più ad affrontare in modo costruttivo le situazioni di stress insite nell'ambiente lavorativo. 

Ovviamente tutti i docenti sono disponibili ad una seria riforma della scuola, una riforma strutturale di svecchiamento, che veda non soltanto una ristrutturazione dei vecchi edifici scolastici e un aumento delle ore di lavoro, purché debitamente retribuito, ma sopratutto una ristrutturazione del sistema scuola in generale, perché il lavoro dell'insegnante è anche e soprattutto quell'interesse per i giovani che si porta dietro dovunque e che suscita riflessione e studio, perché per essere autorevoli bisogna soprattutto essere preparati attenti e sensibili. 

Non conteggiamo quindi inutilmente le ore di lavoro di professionisti della cultura e dell'educazione, ma rivalutiamo delle figure di primaria importanza nella formazione delle coscienze delle giovani generazioni.

*Docente presso l'Istituto di Istruzione Superiore "Nicholas Green" di Corigliano Calabro.


Tags: