di Redazione

La cronaca ha portato alla ribalta l'allarmante fenomeno del bullismo che ha incominciato ad attirare l'attenzione sociale solo recentemente in quanto prima era considerato "una cosa da ragazzi", una "bravata". Tali episodi di prevaricazione vengono spesso commessi all'interno delle scuole, ove ragazzini, singolarmente o in gruppo, assumono comportamenti prepotenti ed intimidatori nei confronti nei propri coetanei al solo scopo di poter affermare la propria supremazia. Il malcapitato, subisce passivamente e ripetutamente maltrattamenti corporali, come calci, pugni, spintoni, morsi, graffi, sberle, oppure sottrazione, danneggiamento o distruzione dei propri oggetti o viene deriso, umiliato, diviene oggetto di pettegolezzi e dicerie. Con l'avvento delle nuove tecnologie e di internet si è sviluppato il c.d. cyberbullismo, una forma di bullismo molto invasiva rispetto alle precedenti in quanto la vittima è facilmente raggiungibile in qualunque momento con sms, e-mail, chat, pubblicazione di fotografie, commenti volgari ed offensivi nei social network.

Cosa si puo' fare?

Primi soggetti che possono prendere opportuni provvedimenti sono, i docenti, i quali possono discutere dell'accaduto con gli alunni, il corpo insegnanti, il dirigente scolastico e le famiglie. Il bullo, infatti, è soggetto a provvedimenti di natura disciplinare cosଠcome disciplinati i dal d.p.r. 24 giugno 1998, n. 249 (Statuto delle studentesse e degli studenti), modificato ed integrato dal d.p.r. 21 novembre 2007 n. 235 che prevede che ogni istituto scolastico adotti una gamma di sanzioni eque, tempestive e proporzionate alla gravità dell'infrazione disciplinare commessa dallo studente. I provvedimenti disciplinari, ispirati al principio educativo, hanno una natura riparatoria-risarcitoria e mirano a responsabilizzare lo studente e consistono oltre all'applicazione di sanzioni particolarmente incisive per i fatti di estrema gravità (quali allontanamento dalla comunità scolastica, esclusione dallo scrutinio finale, non ammissione all'esame di Stato, etc..), anche alla previsione dell'attivazione di percorsi educativi di recupero mediante lo svolgimento di attività di natura sociale, culturale ed in generale a vantaggio della comunità scolastica, come ad es. pulizia delle aule, piccole manutenzioni, attività di assistenza o di volontariato nell'ambito della comunità scolastica, le attività di segreteria, il riordino di cataloghi e di archivi presenti nelle scuole, la frequenza di specifici corsi di formazione su tematiche di rilevanza sociale o culturale, che inducano lo studente ad uno sforzo di riflessione e rielaborazione critica di episodi verificatisi nella scuola.

Le famiglie risultano spesso collaborative con l'istituzione scolastica, ma cosa accade quando le stesse si disinteressano all'accaduto o peggio ritengono scorretti i provvedimenti assunti dall'istituzione scolastica?

L'ordinamento giuridico italiano non considera il bullismo come una fattispecie avente un autonoma rilevanza giuridica. Ciò, però, non significa che in nessun caso chi commette prevaricazioni possa non essere punito e in nessun caso chi le subisce non possa essere tutelato. Sono utilizzabili diversi strumenti già esistenti nel nostro sistema legale sia nell'ambito penale che civile. I singoli atti di bullismo possono configurare vari tipi di reato, come ad es. reato di percosse, lesioni, di danni alle cose, danneggiamento, di furto, offesa, ingiuria o diffamazione, minaccia, molestia o disturbo alle persone. Dal punto di vista civile la vittima può chiedere il risarcimento dei danni subiti, danni che possono essere di varia natura, morale, biologica, psicologica ed esistenziale.

Nei confronti di chi si promuovono le suddette azioni penali e civili?

Nel caso in cui il bullo è maggiorenne, entrambe le azioni si intentano nei suoi confronti.

La situazione è complessa quando il bullo è minorenne. In particolare, quest'ultimo incomincia ad essere penalmente imputabile dal compimento del 14° anno di età e da un punto di vista civile, invece possiamo individuare 4 tipi di responsabilità : del minore; culpa in educando e vigilando degli insegnanti; culpa in organizzando dell'istituzione scolastica;culpa in educando e vigilando dei genitori. Analizziamo le singole situazioni.

Responsabilità del minore

Il minore, ritenuto capace di intendere di volere, è chiamato a rispondere degli atti di bullismo, insieme ai genitori ed alla scuola, ai dell'art 2046 c.c. che sancisce: "non risponde delle conseguenze dal fatto dannoso chi non aveva la capacità d'intendere e di volere al momento in cui l'ha commesso, a meno che lo stato di incapacità non derivi da sua colpa".

Culpa in educando e vigilando degli insegnanti

I docenti hanno il dovere di vigilare sugli studenti e sono, dunque, responsabili dei danni causati a terzi dal fatto illecito dagli stessi compiuto nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza (art. 2048, comma 2, c.c.). Lo studente, con l'iscrizione all' istituto scolastico, acquisisce il diritto a riceve un'adeguata formazione e la scuola ha dovere di garantire tutto ciò, impedendo che atti illeciti turbino/impediscano il corretto esercizio di tale diritto. E' dunque la scuola a dover risarcire i danni cagionati dall'insegnante durante l'esercizio della sua professione all'interno dell'istituto e durante gli orari di lavoro. Perchà© vi sia responsabilità dell'insegnante, l'atto illecito deve essere commesso durante il tempo in cui è sottoposto alla sua vigilanza. Ne consegue, quindi, che lo stesso può liberarsi dalla responsabilità soltanto dimostrando di non avere potuto impedire il fatto.

Culpa in organizzando della scuola

La vigilanza deve essere assicurata all'interno della Scuola e dunque anche fuori dalla classe. Spetta al dirigente scolastico fare in modo che gli studenti siano adeguatamente seguiti per tutto il tempo in cui si trovano all'interno dell'istituto stesso.

Culpa in educando dei genitori

L'affidamento dei figli minori alla scuola non esclude la responsabilità dei genitori per il fatto illecito commesso dai loro figli. L'art. 2048, 1° comma, recita: "Il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi". I genitori, quindi, in tal caso sono sollevati soltanto dalla culpa in vigilando, ma non li esonera dalla responsabilità per il fatto illecito commesso dai propri figli in ragione del principio della culpa in educando. Essi possono esserne esonerati, se dimostrano di non avere potuto impedire il fatto, ossia di avere adeguatamente educato e vigilato il figlio. Ne consegue, quindi, che la responsabilità dell'istituzione scolastica e quella dei genitori è concorrente tra loro e non alternativi. Inoltre non bastano una "buona" educazione e una corretta vigilanza. Il genitore, infatti, è tenuto a sorvegliarlo (azione più intensa della vigilanza) e deve dimostrare di averlo fatto e di non avere nonostante ciò potuto impedire l'evento dannoso, per sottrarsi alla responsabilità , nel caso che i1 figlio abbia commesso un illecito (art. 2047 cod.civ.).

Si tratta di situazioni molto delicate, in cui occorre agire con estrema cautela ed attenzione in quanto entrambi i soggetti coinvolti, il bullo e la vittima, sono persone in piena età evolutiva ed il recupero dovrebbe avvenire sul piano educativo e preventivo e riservare l'azione penale solo in casi gravi. La mera punizione in sede penale dei bulli, marchiandoli come criminali, potrebbe avere un effetto controproducente: il ragazzo potrebbe adeguarsi allo status di delinquente, sviluppando un'identità conforme e ciò potrebbe indurlo a commettere ulteriori prepotenze e veri e propri atti illeciti.

Al tempo stesso occorre supportare la vittima ad uscire allo scoperto, ad uscire dal proprio isolamento, aiutandolo a recuperare la propria autostima,dignità ed identità .


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