di Cinzia Petitti
La casa coniugale in sede di giudizio di separazione o divorzio viene assegnata al genitore convivente con il figlio anche qualora quest'ultimo studi fuori città ma faccia, comunque, rientro presso l'abitazione familiare con regolarità e nella città ove essa è ubicata abbia il centro principali dei propri interessi.
Difatti, l' assegnazione in tale ipotesi ha senso di esistere dal momento che il figlio non può essere privato di un diritto per il solo fatto di studiare fuori città . Per evitare tuttavia che il diritto di proprietà del genitore privato dell'uso del bene in favore dell'altro coniuge e del figlio sia eccessivamente compromesso, il Tribunale dovrà valutare caso per caso, come ribadito da recente Cassazione. In particolare dovrà verificare che il collegamento dello studente con l'abitazione sia effettivo. Dovrà , quindi, verificare nell'arco temporale annuale il numero dei rientri presso l'abitazione e la loro durata.
Ciò onde evitare di confermare un provvedimento di assegnazione anche in presenza di figli universitari che di fatto non fanno rientro regolare presso la casa familiare ma solo saltuario ed in occasione di sporadiche occasioni, avendo oramai altrove il proprio centro di interessi prevalente. Per intenderci il figlio che di fatto studia e vive fuori e ritorna presso la casa familiare una o due volte all'anno e per pochissimi giorni non può essere tutelato da un provvedimento di assegnazione. In questo caso il suo rientro a casa è assimilabile a quello di un qualsiasi ospite ed il provvedimento di assegnazione non può essere disposto o confermato.
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