Lo ha statuito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1277 del 22.01.2014
La vicenda giudiziaria ha riguardato una coppia convivente da cinque anni e da cui era nato anche un figlio che, come spesso accade, decide di lasciarsi.
Il problema nasce quando l'uomo chiede alla donna la restituzione di ben 120.000,00 euro depositati sul suo conto corrente mediante periodici versamenti.
La vicenda arriva in tribunale ed entrambe le parti raccontano le proprie ragioni: lui afferma di aver depositato il denaro al solo scopo di far amministrare i risparmi alla compagna e quindi le somme devono essere restituite per estinzione del mandato o in alternativa per gestione di affari altrui o per arricchimento senza giusta causa.
Lei sostiene che quelle somme sono state versate in adempimento di un'obbligazione naturale nell'ambito della convivenza more uxorio e relativa, in particolare, alla creazione di una disponibilità finanziaria anche per compensare la perdita del reddito (undici milioni mensili delle vecchie lire) derivante dall'attività di dirigente di un'importante società, cui la stessa aveva rinunciato per seguire in Cina il compagno.
Sia il Tribunale sia la Corte d'Appello davano ragione all'uomo sostenendo che questi avesse assolto al proprio dovere di solidarietà e contribuzione avendo provveduto al vitto all'aloggio ed al mantenimento della compagna per il periodo della convivenza. I giudici ritenevano poi che neppure potesse trattarsi di una sorta d'indennizzo per la rinuncia alla carriera, perché tale scelta non era stata suggerita o richiesta dal compagno, ma era frutto di una libera valutazione.
La questione arriva fino in Cassazione, e la situazione viene completamente ribaltata; la sentenza sarà infatti completamente favorevole alla donna.
Secondo la Corte, i giudici di merito avrebbero ignorato l'orientamento giurisprudenziale, ormai consolidato, secondo cui "i doveri morali e sociali, derivanti dalla formazione sociale costituita dalla convivenza, incidenti sui rapporti di natura patrimoniale, escludessero il diritto del convivente di ripetere le eventuali attribuzioni patrimoniali effettuate nel corso o in relazione alla convivenza".
In particolare secondo i giudici, il sostegno economico all'interno di una coppia costituisce "adempimento che la coscienza sociale ritiene doveroso nell'ambito di un consolidato rapporto affettivo" che include forme di collaborazione e di assistenza morale e materiale.
Per questo motivo, "infelice e mortificante" - si legge nella sentenza - è il riferimento del giudice di appello al fatto che la contribuzione si esaurisca nella corresponsione del vitto e alloggio da parte del compagno, unico titolare di reddito lavorativo nella coppia. Come pure è irrilevante il fatto che la scelta di "aver anteposto l'amore alla carriera" sia da imputare ad una decisione libera e consapevole della donna.
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