Diritto&Famiglia: Buongiorno dottore. Abbiamo sentito spesso parlare di "madri coraggio". Ci può spiegare di cosa si tratta?

Dott. Provvisier: Certamente. Il caso delle madri coraggio è molto diffuso nelle aule giudiziarie; la fattispecie tipica è quella di un figlio, solitamente intorno ai vent'anni, che, non potendo con le proprie risorse economiche procacciarsi denaro per acquistare la droga, cominci a contrarre debiti e, non potendoli poi onorare, cominci a sottrarre denaro dalla propria famiglia.

Diritto &Famiglia: beh fin qua ci sembra una storia già sentita da tempo.

Dott. Provvisier: si certo, fin qua la cosa è molto grave ma resta nei limiti della fattispecie penale di cui all' art. 649 c.p. (non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti). Purtroppo capitano spesso situazioni in cui si trasmoda, fino ad arrivare al caso emblematico, tipico delle aule di giustizia penale, della cosiddetta "madre coraggio" .

Diritto&Famiglia: ci spieghi meglio.

Dott. Provvisier: madre coraggio è quella madre che subisce violenze fisiche con modalità di vera e propria estorsione del denaro perchà© il figlio non è più in grado di procacciarselo da solo rubando in casa ad esempio perchè i genitori lo nascondono oppure lo conservano fuori dalle mura domestiche. Il figlio allora "messo alle strette" arriva a minacciare, addirittura a volte con uso di armi, la propria madre (il più delle volte perchà© considerata soggetto più debole rispetto al padre e di solito quando è sola in casa) configurando in questo modo la classica ipotesi di estorsione. Il reato di estorsione, disciplinato dall'art 629 c.p., è procedibile di ufficio ma, verificandosi tra le mura domestiche, è proprio difficile che venga messo a conoscenza delle autorità giudiziarie.

Diritto&Famiglia: ci sembra di capire che quindi spetterebbe proprio alla mamma il compito di denunciare il figlio.

Dott. Provvisier: si, ed è per questo motivo che è stata definita "madre coraggio" quella madre che risolve quel grandissimo conflitto interiore derivante dalla difficilissima scelta di denunciare il proprio figlio e che decida, alla fine, di salvarlo da un futuro di decadenza derivante dalla droga e salvare anche se stessa quando a volte la violenza trascenda fino ad arrivare a lesioni gravissime. E' vero anche che poi, in sede di dibattimento, chiamata a deporre, la madre tenda quasi sempre a minimizzare la cosa o a ritrattarla. Ma ormai il processo è aperto, ci sono referti medici e spesso è stesso l' imputato ad ammettere il fatto, seppur minimizzando la violenza compiuta sulla madre allo scopo di estorcerle il denaro.

Diritto&Famiglia: certo deve essere terribile per una madre denunciare il figlio e vederlo in carcere chissà poi per quanto tempo.

Dott. Provvisier: Potete ben dirlo, basti pensare che in casi del genere la condanna può arrivare anche a 10 anni di reclusione.

Diritto&Famiglia: dottore, ma per il recupero del ragazzo, il tribunale quali misure adotta?

Dott. Provvisier: E' evidente che il ragazzo non viene abbandonato, mi preme evidenziare infatti che conseguentemente alla condanna penale si apre la via amministrativa prefettizia; si avvia cioè un binario parallelo attraverso l'iscrizione al SERT (servizi per le tossicodipendenze) per il recupero dallo stato di dipendenza dalla droga.

Diritto&Famiglia: spesso abbiamo sentito parlare della figura dell'amministratore di sostegno. Bene, non potrebbe essere questa una via più breve e meno, diciamo, invasiva di un giudizio penale per risolvere il problema?

Dott. Provvisier: Beh sono molto rare le ipotesi in cui in circostanze familiari del genere venga nominato un amministratore di sostegno; tale istituto in verità per i casi appena descritti risulta poco utile se non addirittura controproducente. Ciò perchà© se non è convinto il ragazzo o non vi è costretto in virtù di condanna, difficilmente arriverà a seguire un percorso di recupero. Tra l'altro l' amministratore di sostegno può essere in ogni momento non condiviso dal beneficiario della tutela. Come sappiamo, il soggetto beneficiario non viene dichiarato incapace di intendere e di volere per cui ogni decisione diviene in realtà una co - decisione tra il beneficiario e l amministratore. E dove l'accordo non venisse raggiunto si aprirebbe un circuito giudiziario incredibilmente gravoso e contorto (il beneficiario dovrebbe nominare un avvocato e iniziare un giudizio contro l'amministratore). E' per questo che, sebbene in entrambi i casi si crei una rottura, nel giudizio penale la mano dello Stato impone quella che è la ritenuta giustizia, addivenendo più facilmente ad una soluzione.

Diritto&Famiglia: che dire, giudice, grazie della testimonianza, davvero utile e preziosa. Speriamo di incontrarla presto per ascoltare altre storie.

Dott. Provvisier: con grande piacere, è sempre importante condividere esperienze, professionali e non. Aiuta a non sentirsi soli.
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